Cosa accade nel Sahara

Il Sahara rappresenta l'ultima frontiera della guerra globale al terrorismo, ma cosa si nasconde dietro la presenza degli integralisti islamici? Quali interessi globali sono affiorati nel Sahel?

Articolo di Alessandro Massacesi

Negli ultimi tempi continuano gli scontri armati nella distesa immensa di Sahara compresa tra le frontiere di Niger, Algeria e Mali. I militari statunitensi coadiuvati dai soldati degli eserciti regolari di Algeri e Bamako insistono sulla ricerca dei gruppi armati salafiti del Gruppo Salafita per il Proselitismo ed il Combattimento (GSPC).
Nei Think thank americani si pensa di annientare i covi di terroristi salafiti, che lottano contro i regimi alla guida dei Paesi del Maghreb, attraverso la Pan Sahel Initiative, la quale sullo stampo dell'iniziativa armata in Afghanistan e in Iraq consentirebbe il ripristino dell'ordine.
In realtà il Sahara sembra diventato più un luogo di addestramento dei soldati americani e guardie private (contractor) che poi giungono in Iraq o Afghanistan, che un luogo di scontro frontale contro il terrorismo salafita.
Infatti sia l'impegno economico che militare è così ridotto per affrontare a vasto raggio i terroristi salafiti, che resta impossibile, qualora sia auspicabile e realistico, realizzare la sfida lanciata da Washington con così poche risorse in un'area immensa come il Sahara.

E' invece assolutamente vero che l'interesse nei confronti delle risorse nascoste nei Paesi centro-sahariani (Petrolio, Fosfati e Uranio) fa gola a tutte le potenze, in un momento di debolezza e calo dell'influenza francese sui regimi dell'Africa Occidentale.
Il principale concorrente dei Paesi occidentali nell'area, ormai noto a tutti, è la Cina, che dal Sudan al Chad fino al Niger, sta spingendo la Francia, gli USA e la GB ad agire più spudoratamente nei confronti delle ribellioni locali e nei confronti del finanziamento aperto ed occulto ai regimi africani del Mali, dell'Algeria e del Niger.
Se infatti le iniziative di sostegno economico a questi Governi non tengono conto dell'alta corruzione e dell'assenza di democrazia, le azioni militari statunitensi, sullo "stile" dell'Afghanistan e dell'Iraq, appaiono agli occhi degli analisti una scelta dovuta per combattere il tentativo dei terroristi salafiti di integrarsi in un'area così vasta come il Sahara.
Ma è proprio così? Se fosse come affermano al Dipartimento di Stato americano, perchè poco tempo fa l'Algeria ha scelto la strada dell'indulto per molti terroristi salafiti che avevano partecipato alla strategia del Terrore islamico in quel Paese? Cosa si nasconde dietro l'attività dei Terroristi del GSPC che invece di reinsediarsi nell'area a nord del Paese hanno scelto di inserirsi nel territorio dell'Hoggar, nel sud dell'Algeria, per poi giungere fino all'area dell'Adrar (Mali), fino all''Azawak (Niger) per giungere addirittura ai piedi del Djado e del Tibesti?

Da una parte i Salafiti e i ribelli Tuareg (che nulla hanno a che fare con i salafiti), dall'altra i militari degli eserciti regolari di Algeria, Niger e Mali, alleati delle forze statunitensi (Pan Sahel Initiative), per alcuni versi sembrano ricordare la stessa strategia della "lotta del bene contro il male", voluta dall'amministrazione Bush in Iraq e Afghanistan, come i tentativi tesi a limitare la potenza regionale dell'Iran.

Ma dietro si nascondono gli stessi interessi:
A)Controllo strategico di un terriotrio regionale (Africa Occidentale) utilizzato per limitare la potenza in ascesa (Cina);
B)Controllo delle nuove risorse petrolifere sul pianeta( Hoggar, Azawak e Tenerè) e dei giacimenti più importanti di uranio (Air) per la produzione di armi ed energia nucleare.

Il problema è che a farne le spese per tutti questi interessi sono esclusivamente i popoli che abitano il Sahara da millenni.

I Tuareg, infatti devono sopportare una marginalizzazione socio-economica voluta dai Governi nazionali, con i quali sono in lotta dall'indipendenza e lo sfruttamento di risorse nel loro territorio che non ha per loro alcun riscontro positivo.
Anzi è noto come le poche ONG presenti nell'Air (massiccio montuoso a nord del Niger) denuncino lo Stato di degrado ed abbandono a cui le popolazioni Tuareg sono sottoposte a causa della volontà e della corruzione del potere politico centrale e dello sfruttamento delle miniere di Uranio di Arlit, concesse dal Governo alle multinazionali francesi e cinesi, che stanno provocando un vero e proprio disastro ambientale.

Se la ribellione Tuareg (in special mod dell'MNJ in Niger) propone un'alternativa valida allo sfruttamento delle miniere di uranio e alla massiccia ricerca del petrolio nel deserto del Tenerè, a vantaggio dello sviluppo delle popolazioni locali (nomadi Tuareg ma anche Peul, Bororo, Kanouri e Teda che abitano il nord del Paese), la quale alternativa è stata definita e proposta al Governo per aprire una trattativa di pace, il Governo nigerino non ha ancora voluto ammettere che esiste nel nord del Paese una questione posta dalla ribellione Tuareg, che lungi dal fermarsi sta opponendosi militarmente contro la presenza dell'esercito governativo nell'area a nord di Agadez.

Il Governo del Niger ha addirittura definito i ribelli, dei semplici banditi. Questa definizione, nel Sahel del duemila, pare diventare uno strumento di propaganda comune a tutti i Governi che si sentono attratti dall'azione economico-militare americana che ha interesse ad affermarsi nell'area, come veicolo di attrazione e coalizione contro il terrorismo salafita e che pongono questo allo stesso rango del banditismo Tuareg, nascondendo invece il vero interesse strategico per le risorse naturali nascoste nel deserto.
Ed è proprio il riproporsi di questi interessi che favorisce nel Sahel l'affermarsi di regimi autoritari e corrotti.
Così le secolari ribellioni dei nomadi del deserto e delle popolazioni stanziali del Sahel, provocate da un malessere oggettivo, diventano un modo per gestire gli affari interni dei Regimi africani e gli interessi internazionali delle Potenze.
Là dove conviene opporre un'azione di separatismo etnico-religioso (come nel caso del Darfur dal Sudan, del Kosovo dalla Serbia) ci si comporta opportunisticamente, là dove invece l'unitarietà garantisce l'approvvigionamento delle risorse ci si comporta come in Mali, Aleria o Niger e la ribellione Tuareg viene considerata alla stregua dell'integralismo salafita o del banditismo a cui i "Tuareg sono dediti da millenni", come stabiliscono i think thank anglosassoni.

Alessandro Massacesi

(L'OM sta preparando un dossier che cercherà di chiarire questo terzo teatro di scontro della guerra globale al terrorismo che purtroppo sta passando inosservato, forse anche volutamente rispetto agli altri teatri di guerra provocati dall'amministrazione Bush).