Aperto il primo museo della striscia di Gaza

La storia della striscia di Gaza raccolta in un museo archeologico

“L’idea è mostrare le profonde radici delle tante culture di Gaza” dice Khoundary, un imprenditore edile fondatore del museo che 22 anni fa iniziò a collezionare le testimonianze del passato. Nel territorio palestinese i primi insediamenti umani risalgono al quarto millennio avanti Cristo; nei secoli, la regione diventò un passaggio obbligato per le carovane in viaggio dalla penisola arabica o dal Corno d’Africa verso il Mediterraneo. “Gaza ha subito più di un assedio”, dice il fondatore del museo in riferimento al blocco israeliano in vigore ormai da oltre un anno, da quando cioè nella Striscia è al potere il partito Hamas. “Ci fu l’assedio di Alessandro Magno, quello dei persiani e quello degli inglesi; ma gli assedi, dopo tutto, sono solo una nota a piè pagina”. Molti dei “tesori” della Striscia, sarcofagi, gioielli in oro e vasi di alabastro, furono scoperti tra gli anni '70 e '80 da un gruppo di archeologi ebrei.

Fonte: www.ilmediterraneo.it

Articolo pubblicato da Tommaso Palmieri per Osservatorio Mediterraneo onlus
 

Energie rinnovabili per salvare il Mediterraneo

 
Se la storia e la politica girassero in senso orario, il Mediterraneo ci apparirebbe sotto una luce nuova: non più un fossato che divide, ma una distesa d’azzurro che unisce popoli e paesi che sulle sue rive hanno creato una fra le più illustri civiltà. Soprattutto, dalla Sicilia, che del Mediterraneo è il luogo baricentrico, potremmo cogliere le molteplici potenzialità e la natura benigna di questo bacino che, dopo 50 anni d’ignavo silenzio, figura ai primi posti dell’agenda delle cancellerie e dei movimenti progressisti, sempre più consapevoli che qui si sta giocando una partita decisiva per lo sviluppo pacifico e solidale dei popoli rivieraschi.Recentemente a Casablanca, il Forum euromediterraneo ha fatto il punto sullo stato d’attuazione degli accordi di Barcellona per il partenariato fra l’Unione europea e 12 Paesi terzi mediterranei (Ptm), ieri a Palermo, per iniziativa del Cepes e della Fiom siciliana, si è tenuto un importante convegno al quale hanno partecipano specialisti e personalità di governo, dirigenti politici e sindacali, leader dei movimenti, italiani e internazionali, per dibattere un tema di affascinante attualità: “Il sole del Mediterraneo, pace e nuova energia per i popoli del nord e del sud”.Con questa iniziativa si consolida il ruolo di Palermo all’interno dell’articolata mappa delle attività del Forum euromed e si candida la Sicilia come importante punto di confluenza e di mobilitazione di risorse e competenze, provenienti dalle diverse rive, mirate all’elaborazione di nuove idee e progetti davvero innovativi e lungimiranti nel campo delle energie rinnovabili.E' significativo che il discorso parta dalla Sicilia la quale è vitalmente interessata ad un mutamento della prospettiva energetica nazionale ed europea: l’Isola infatti è una delle regioni più oberate
dalle importazioni e dalla raffinazione di petrolio greggio (ben oltre i fabbisogni locali) e luogo d’approdo di un sistema di metanodotti transmediterranei che, partendo dal nord Africa, approvvigionano il Paese, diversificandone le fonti.
Oltre al raddoppio- già operativo- del gasdotto italo-algerino, è in costruzione una nuova pipeline transmediterranea che dalle coste libiche giungerà a Gela. Un altro pesante tributo- bisogna ricordarlo ai razzisti egoisti di Bossi- che la Sicilia paga, in termini d’inquinamento ambientale e marino con gravi ripercussioni per la salute pubblica, sull’altare della crescita economica e civile dell’Italia (del centro-nord), senza averne adeguata ricompensa sul piano dello sviluppo locale e dell’occupazione.
Oggi, questa Sicilia, civile e generosa, desidera schiudere, agli occhi del mondo, questa rivoluzionaria prospettiva energetica basata sul sole del Mediterraneo che può divenire fonte inesauribile d' energia pulita e rinnovabile, da porre al servizio dei progetti per il co-sviluppo sostenibile dell’intera regione euro-araba -mediterranea.
“Il Mediterraneo- si legge nel documento preparatorio del convegno- rappresenta un ambiente ideale per la produzione fotovoltaica che richiede anche la disponibilità di larghe superfici non antropizzate e desertiche. Come ha ricordato il premio Nobel Rubbia, in questa fascia che corre a sud del Mediterraneo, dall’Atlantico al mar Rosso, esiste un potenziale d' energia solare equivalente a decine di volte la produzione mondiale di petrolio.” In sostanza, non si tratta di produrre piccole quantità di energia per gli usi domestici (pure molto importanti), ma di puntare a crescenti quantità a scala industriale, capaci di sostituire gradualmente le attuali fonti inquinanti e non rinnovabili.E bisogna far presto per evitare nuove guerre per il controllo delle fonti e dei mercati petroliferi e gli effetti altamente nocivi provocati dagli idrocarburi (effetto serra, inquinamenti,ecc), prima che si esauriscano le fonti tradizionali (carbone, petrolio e gas), che non sono eterne.Da qui la necessità di sperimentare nuove vie per giungere a produzioni energetiche pulite come quella derivata dall’idrogeno che trova nel Mediterraneo condizioni estremamente favorevoli.Appare chiaro che un progetto di tale natura e portata non può essere concepito ed attuato da un singolo Stato, ma dovrà essere la risultante di uno sforzo scientifico, tecnologico e finanziario di una vasta comunità di Paesi e, in primo luogo, dell’Unione europea in cooperazione con gli Stati rivieraschi aderenti al trattato di Barcellona.Il centro della discussione, alla quale hanno portato un rilevante contributo i rappresentanti di taluni Paesi mediterranei (Marocco, Libia, Spagna), del sindacato tedesco IG-Metall ed altri, è stata l’ipotesi di giungere alla produzione dell’idrogeno, da usare come nuova fonte d’energia sostitutiva degli idrocarburi.Si tratta di un’idea, che dovrà essere approfondita e definita in altre sedi di confronto, che nel medio periodo potrebbe rappresentare la soluzione di un problema drammatico per l’avvenire dell’umanità; perciò abbiamo il dovere di avviare, al più presto, tutte le iniziative idonee per concretizzarla, a vantaggio delle generazioni che verranno alle quali abbiamo rubato e/o compromesso parte del loro futuro.Utopia? Nel corso degli ultimi secoli, molte “utopie” hanno valicato gli orizzonti della scienza e della tecnica e sono divenute fattori portanti dello straordinario progresso dell’umanità.D’altra parte, come scrive Platone nel suo “Repubblica”- “l’esemplare di questa nostra Città sta forse nel cielo, e non è molto importante che esista, di fatto, in qualche luogo; a quell’esemplare deve mirare chiunque voglia, in primo luogo, fondarla dentro di sé”.Platone conobbe ed amò la Sicilia, speriamo che queste sue parole siano di buon auspicio per rendere possibile questa nuova “utopia mediterranea”.
Agostino Spataro

 

 

I manoscritti arabo-islamici della Mauritania

di Marco Sassetti

"Solo una piccola parte
della storia della cultura
scritta è stata tipografica"

M. McLuhan, Galassia
Gutemberg, glossa 27

 

"Dimmi, Chinguetti, meraviglia del deserto che cosa nascondono le tue infuocate dune? Il passato delle tue genti e il rilucente spirito di una Terra di cui l'universo si compiace. Dalle cime dei tuoi tesi minareti, verso i cieli la eterna e santa voce di un muezzin richiama gli uomini al felice cammino che porta a Dio,e alla fede nella divina salvezza"

Così traduciamo il cantore poeta Issel Mon o Jdoui che compose una canzone dall'alto delle dune di Cinguetti, settimo luogo sacro dell'Islam e capitale storica e spirituale dell'odierna Repubblica Islamica di Mauritania.Fra il XVII e il XIX secolo la città visse il periodo di maggiore fulgore commerciale ed intellettuale. La prosperità economica poggiava sul commercio del sale, che attirava alla "Fonte dei Cavalli" (significato del nome Cinguetti) le lunghe teorie di cammelli e dromedari dalle rotte carovaniere, carichi di manufatti di prezioso artigianato, a lungo favorito da splendide condizioni di sviluppo.Annualmente innumerevoli carovane intraprendevano la pista per La Mecca, partendo dalla opulenta città mercantile di Cinguetti, protetta dalle dune dai lontani centri rivali, situata all'incrocio di polverose piste carovaniere, raggiunta e visitata, da molti popoli stranieri.Fra le sue strade, nelle abitazione dei "sapienti", stuoli di studenti "che cercano il sapere" ricopiavano il Corano ed altri manoscritti, gelosamente conservati nelle "Biblioteche del Deserto".Questi libri sono presenti in tutta nell'Africa sahariana e saheliana, conservati presso le antiche famiglie, le scuole religiose e le moschee. Si tratta di migliaia e migliaia di manoscritti di origine medievale ormai dimenticati, mai catalogati, la cui distruzione e sparizione sarebbe esiziale per lo studio, la cultura e la storia della civiltà islamica e preislamica. In particolare ricordiamo i manoscritti giacenti nelle antiche città del Sahara Mauritano – Cinguetti, Ouadane, Oualata – continuamente inondate da cumuli di sabbia spinta dal vento, abbandonate dai loro popoli, o quelli accatastati a Timbuctù nel Centre de Recherches Historique, semi abbandonato e privo di risorse.Nel Sahara innumerevoli gli scribi, per centinaia di anni, hanno calligrafato nelle zawiya (scuole islamiche di pensiero e di insegnamento) e nelle moschee, copie di libri comprati dalle università di Kairouan e di Fez, trasportati a dorso di cammello dal Cairo, da Damasco e da Bagdad, con lo scopo di rinnovare e perpetuare la trasmissione del sapere. Si narra che a Oualata un sapiente sceicco fece ricopiare quattro volte l'intera sua biblioteca. A Chinguetti, nel Sahara, si trova la casa di Sid'Ahmed Ould Habott, nobile esponente delle famiglie più antiche, che detiene, trasmessa nei secoli, la più importante biblioteca privata della Mauritania. Discendente di un antico lignaggio di eruditi e di mercanti ha ereditato i 1.500 volumi raccolti dagli avi, già custoditi in una biblioteca aperta al pubblico fin dal XVIII secolo, ora riposti fra le mura e gli anfratti della sua avita casa, insidiata dalle dune come tutto il centro storico. Aprendo questi manoscritti, tutto il pensiero e le conoscenze dell'Islam medioevale, dagli studi coranici alla teologia, dall'astronomia alla storia, dalla matematica alla medicina, dall'algebra alla poesia tradizionale, dalle scienze naturali alla letteratura, rinviene alla luce della mente, dopo secoli d'oblio e dimenticanza. In una intervista rilasciata al nostro grande e compianto amico Attilio Gaudio, il più tenace promotore internazionale per la salvezza del patrimonio della cultura manoscritta di Mauritania, Ould Habott ebbe a dire:

"Vede, da qualche anno la mia casa è diventata un piccolo ateneo internazionale. Arrivano da tutta la Mauritania, ma anche da paesi lontani come la Siria o l'Arabia Saudita, per consultare le opere. In Medio-Oriente sanno che conservo degli esemplari rarissimi, spesso unici, e che nessuno di essi uscirà mai da Cinguetti. E' un impegno solenne che ho assunto con uno dei miei nonni. Le dico solo che possediamo un commentario del Corano di millenni fa, unico al mondo. Chi vuole leggerlo nella sua interezza deve per forza attraversare il Sahara, come i pellegrini che nel Medioevo portavano dall'Oriente i testi più famosi della cultura islamica per farceli ricopiare".

E ha aggiunto:

"Penso che capirà perché noi di Cinguetti, come gli abitanti di Ouadane e di Tichitt, rifiutiamo qualsiasi proposta degli stranieri che smaniano per portarsi via un esemplare autentico. All'imam di Ouadane, povero e malato, un americano ha messo in mano diecimila dollari per il manoscritto di un calligrafo andaluso del Trecento. La risposta è stata: "Tieni i tuoi dollari che non potranno mai comperare la ricchezza dei miei libri".

Questa ultima frase dimostra come la tradizione del collezionismo librario sia stata così radicata nella classe colta di Cinguetti da permanere in spirito e atteggiamento anche quando le condizioni socio-economiche della città si sono radicalmente e tragicamente volte al peggio come al giorno d'oggi, mostrando l'altra faccia della medaglia rispetto ai tramontati mitici tempi così descritti da Leone l'Africano nel XVI secolo: " i libri si vendono talmente bene a Timbuctù che se ne trae maggior profitto che da qualsiasi altra mercanzia", quando sulla piazza di Timbuctù, all'arrivo delle carovane dal Nord, colti collezionisti e studiosi si disputavano i libri calligrafati negli Atelier persiani e yemeniti o della fascia Maghrebina pagandoli l'equivalente del loro peso in oro.I manoscritti Habott risalgono al periodo storico che va dalla penetrazione degli Almoravidi (XII secolo) al principio della colonizzazione francese, e sono stati composti da autori provenienti dalle tribù nomadi come da quelle stanziali nelle antiche città del Sahara quali Chinguetti, Ouadane, Tichitt, Oualata, Tissint, Tamgrout, Timbuctù.. In effetti gli `ulam_a' (dotti religiosi islamici) delle università medievali di Sankoré a Timbuctù, per secoli hanno professato in tutte le discipline allora conosciute, insegnando a migliaia di .tull_ab/.talib_an (studenti) accorsi dall'area del Maghreb e dell'Africa islamizzata. Il più antico manoscritto è stato composto dal teologo Ebi Hilal el-Askeri, ed è autografato nell'anno 480 dell'Egira (1087 d.C.). Dal punto di vista paleografico e codicologico si distinguono un genere mauro (locale) e un genere diffuso nell'area che va dal Marocco all'Egitto (ma.grib_i), oltre ad uno più propriamente di stile mediorientale. Molte di queste opere originali sono di eruditi mauri di Chinguetti, Ouadane, Oualata, Tichitt, Atar.Fra i testi importanti si contano due Corani: uno è un manoscritto mediorientale, calligrafato con miniature da Mu.hammad b. Ab_i al-Qayyim al-Qaww_al al-Tabriz_i. Questo manoscritto è noto con il nome di "Buaïn çafra" (Ab_u `ayn .sfr_a' in arabo classico), "Colui che ha l'occhio giallo", conferitogli dalla miniatura iniziale, un tondo con un cerchio in foglia-oro su cui nel secolo passato l'ex q_a.d_i di Chinguetti, El-Béchir Ben Ahmed Mahmoud, faceva giurare i testimoni. Ancora Attilio Gaudio riporta il pensiero espresso da un altro personaggio importante del mondo Sahariano e Saheliano, il presidente-poeta, Léopold Sédar Senghor, che a Dakar disse:

"Il Sahara è un oceano di sabbia che i mercanti e gli esploratori seppero attraversare molto prima dei mari. Quest'immensa estensione di rocce e di sabbia che dall'Atlantico al Maro Rosso appare come un'invalicabile barriera tra il Mediterraneo e l'Africa Nera, in verità è stata per due millenni un trait d'union indissolubile tra popoli di culture diverse e distanti che comunicavano lungo le piste carovaniere. Lei conosce, come tutti noi, il monito del grande filosofo e letterato peul Amadou Hampaté Ba: "In Africa, quando un vecchio muore è una biblioteca che brucia". Io aggiungo che quando a Chinguetti o a Timbuctù una biblioteca brucia o si disperde è la memoria di mille vecchi che scompare".

Anche l'erudito Ismael Diadié Haidara, in una lettera aperta indirizzata all'UNESCO, avverte che per ogni manoscritto che scompare l'umanità si ritrova più povera e "che è meglio far luce anche soltanto con una candelina piuttosto che maledire l'oscurità".

Articolo pubblicato da Tommaso Palmieri per Osservatorio Mediterraneo onlus

Un patrimonio da salvare

di Attilio Gaudio

In un'intervista concessami a Dakar il defunto presidente-poeta, Léopold Sédar Senghor, mi disse:

"Il Sahara è un oceano di sabbia che i mercanti e gli esploratori seppero attraversare molto prima dei mari.
Quest'immensa estensione di rocce e di sabbia che dall'Atlantico al Maro Rosso appare come un'invalicabile barriera tra il Mediterraneo e l'Africa Nera, in verità è stata per due millenni un trait d'union indissolubile tra popoli di culture diverse e distanti che comunicavano lungo le piste carovaniere. Lei conosce, come tutti noi, il monito del grande filosofo e letterato peul Amadou Hampaté Ba: "In Africa, quando un vecchio muore è una biblioteca che brucia".
Io aggiungo che quando a Chinguetti o a Timbuctù una biblioteca brucia o si disperde è la memoria di mille vecchi che scompare".

In effetti dieci secoli di storia e di cultura delle popolazioni del Sahara e del Sahel sono stati dimenticati fra le dune fino ai recenti ritrovamenti di decine di migliaia di manoscritti antichi nelle zauia (scuole religiose), negli scantinati delle moschee, sotto le tende nomadi e presso le famiglie borghesi delle città del Marocco sahariano, della Mauritania, del Mali e del Niger.
Tale patrimonio dell'umanità non è mai stato completamente catalogato, studiato e tanto meno restaurato. Ecco perché la sua perdita potrebbe rivelarsi disastrosa per il mondo islamico ancor più delle biblioteche dell'Andalusia musulmana.

La maggior biblioteca privata del mondo mauro

A Chinguetti, settimo luogo sacro dell'Islam e capitale storica della Repubblica Islamica di Mauritania, sono stato ospite di Sid'Ahmed Ould Habott, ricco e stimatissimo uomo d'affari che possiede la maggiore biblioteca privata del mondo mauro.
Discendente di una vecchia famiglia di eruditi e di mercanti ha creato una fondazione per proteggere meglio i 1.450 volumi stipati fra i pilastri e le nicchie della sua vasta casa, assediata dalle dune come le altre del centro storico.
Trattano tutto lo scibile del pensiero e delle conoscenze medioevali dell'Islam, dalla teologia alla linguistica, dall'astrofisica alla poesia epica, dalla matematica alla medicina, dall'algebra all'economia commerciale, dalle scienze naturali alla letteratura.
Alcuni manoscritti, forse i più preziosi, erano esposti al sole nel patio, per asciugarli dall'umidità, che peraltro all'interno del Sahara è minima.
Ould Habott mi ha spiegato che conosce tutti i suoi libri e che sono loro i suoi amici più intimi.

"Vede – mi ha detto – da qualche anno la mia casa è diventata un piccolo ateneo internazionale. Arrivano da tutta la Mauritania, ma anche da paesi lontani come la Siria o l'Arabia Saudita, per consultare le opere. In Medio-Oriente sanno che conservo degli esemplari rarissimi, spesso unici, e che nessuno di essi uscirà mai da Cinguetti. E' un impegno solenne che ho assunto con uno dei miei nonni. Le dico solo che possediamo un commentario del Corano di millenni fa, unico al mondo. Chi vuole leggerlo nella sua interezza deve per forza attraversare il Sahara, come i pellegrini che nel Medioevo portavano dall'Oriente i testi più famosi della cultura islamica per farceli ricopiare"
E ha aggiunto: "Penso che capirà perché noi di Cinguetti, come gli abitanti di Ouadane e di Tichitt, rifiutiamo qualsiasi proposta degli stranieri che smaniano per portarsi via un esemplare autentico. All'imam di Ouadane, povero e malato, un americano ha messo in mano diecimila dollari per il manoscritto di un calligrafo andaluso del Trecento.
La risposta è stata: "Tieni i tuoi dollari che non potranno mai comperare la ricchezza dei miei libri".

Manoscritti che valgono oro

I manoscritti coprono un arco di tempo che va dall'epopea degli Almoravidi (XII° secolo) all'inizio dell'epoca coloniale e sono opera di letterati, giuristi, poeti, filosofi, mercanti e scienziati del passato appartenenti sia a gruppi etnici di grande nomadismo, sia alle comunità delle antiche città del deserto quali Chinguetti, Ouadane, Tichitt, Oualata, Smara, Akka, Tissint, Tamgrout, Djenné, Timbuctù, Agadès. Eccezionale il numero degli scritti lasciati dagli ulema (dotti e docenti islamici) dell'università medievale di Sankoré a Timbuctù, dove per trecento anni eminenti professori di tutte le discipline allora conosciute insegnarono a decine di migliaia di talebani (studenti) affluiti da tutte le regioni del Maghreb e dell'Africa sudanese.
 

"I libri – scriveva Leone l'Africano nel XVI* secolo – si vendono talmente bene a Timbuctù e se ne trae maggior profitto che da qualsiasi altra mercanzia".

E gli storici ricordano quando sul mercato di Timbuctù, all'arrivo delle carovane dal Nord, la classe colta acquistava i libri del Medio-Oriente e del Nordafrica pagandoli il loro peso in polvere d'oro.

Il Centro di Documentazione e Ricerche Storiche

Tuttavia parecchi di questi testi storici sono stati ultimamente raccolti e catalogati dal Centro di Documentazione e Ricerche Storiche Ahmed Baba (CEDRAB), creato su proposta dell'Unesco negli anni settanta con un finanziamento del Koweit. Ne stanno microfilmando 15.000, anche se quest'ingente fondo cartaceo rappresenta meno del 10% di quanto sarebbe rintracciabile nei villaggi e negli accampamenti del deserto.

Salvare tremila manoscritti

Lo storico-ricercatore Ismael Diadié Haidara di Timbuctù ha lanciato un appello in occasione dell'VIII° Convegno eurafricano del CIRSS (Centro Internazionale di ricerche sahariane e saheliane) nel novembre 2000, affinché siano salvati dalla distruzione i 3000 manoscritti medievali del fondo Mahmud Kati. Si tratta di una biblioteca di un inestimabile valore documentario, ricostituita nell'abitazione privata di Diadié Haidara, aperta per la prima volta il 27 settembre 2000 e di cui sono stato autorizzato a fotografare alcuni esemplari. Essa risale all'esilio di Alib Ziyad al Kuti, un visigoto islamizzato che lasciò Toledo, in Spagna, il 22 maggio dell'anno 1468,per rifugiarsi nella valle del Niger dopo un viaggio di 3000 chilometri senza che smarrisse uno solo dei suoi libri.

Lo scibile delle conoscenze medievali

Dei 3000 manoscritti molti sono redatti in arabo classico, altri in arabo andaluso e alcuni in ebraico. Il loro contenuto abbraccia tutto lo scibile delle conoscenze medievali in terra islamica: tradizione cranica, logica,filosofia,poesia,astronomia e astrologia,medicina e farmacopea, viaggi e commerci, matematica e fisica. Parecchi anche i testi di carattere giuridico riguardanti la vita degli israeliti,dei rinnegati cristiani di Timbuctù (Armas) dei musulmani di Spagna e del Portogallo, la vendita e il riscatto degli schiavi e dei prigionieri di guerra,il matrimonio e i divorzi,la moneta e il corso dei cambi,il traffico carovaniero dei libri,del sale,della polvere d'oro,dei tessuti,delle armi,dei cereali,delle spezie e della cola. Non mancano le raccolte epistolari con lettere originali dei sovrani e dei mercanti delle due rive del Sahara.. Ismael Diadié Haidara, in una lettera indirizzata alle organizzazioni internazionali, avverte che per ogni manoscritto che scompare l'umanità si ritrova più povera e "che è meglio far luce anche soltanto con una candelina piuttosto che maledire l'oscurità" .

Fonte: www.missioni-africane.org

Articolo pubblicato da Tommaso Palmieri per Osservatorio Mediterraneo

Elezioni in Marocco: vince l’astensionismo

Contrariamente alle aspettative della vigilia che davano per grande favorito il PJD, il Partito Islamista per la Giustizia e lo Sviluppo, i risultati delle elezioni tenutesi sabato indicano che la vittoria è andata a Istiqlal, il partito nazionalista conservatore della coalizione di governo, che ha ottenuto 52 seggi contro i 47 degli islamici, mentre c’è stato un crollo dei socialisti che nelle scorse elezioni erano il primo partito. Nella settimana in cui il gruppo jihad “Islamist Maghreb” ha cercato di uccidere il Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika e ha assassinato circa 60 guardie costiere in uno dei peggiori bombardamenti della storia algerina, molti osservatori avevano espresso preoccupazione pensando che la settimana si sarebbe potuta concludere con la vittoria elettorale del PGS. Gli islamici del PJD, che avevano concentrato la campagna elettorale sulla presa di distanze dall'estremismo islamico e la richiesta di riforme costituzionali per limitare la concentrazione del potere nelle mani del re Mohammed IV, hanno accusato il governo di pratiche illegali come l'acquisto di voti. Tuttavia, il risultato elettorale ha ricevuto giudizi positivi di regolarità da parte degli osservatori internazionali.

Sulla regolarità di queste elezioni bisogna comunque tener presente quanto accaduto circa un mese prima del loro svolgersi. E’ da segnalare infatti il sequestro da parte del governo marocchino di due noti settimanali (“TelQuel” – il settimanale francofono considerato la punta di diamante del progressismo locale – e “Nichane”, testata umoristica della stessa casa editrice), accusati di oltraggio alla monarchia e alla religione di Stato, facendo rilanciare l’allarme sulla situazione della libertà di stampa nel Paese maghrebino. Il direttore editoriale dei due periodici, Ahmed Reda Benchemsi , poneva in dubbio il valore democratico delle elezioni di settembre, sostenendo come esse avessero un peso relativo in un Paese nel quale il re mantiene una quota di potere che non è soggetta a controllo alcuno, poiché nomina i principali ministri a suo pacimento e non è soggetto ad alcuna censura o controllo da parte del Parlamento. Seppure il Marocco sia considerato un Paese molto liberale a paragone di altre nazioni arabe o musulmane, alcuni argomenti – come la monarchia, la religione e la questione del Sahara Occidentale – continuano a essere tabù per giornalisti e opinionisti.

Il Pjd stesso, pur essendo un partito di ispirazione islamica, per poter essere riconosciuto nella politica ha dovuto accettare le istituzioni monarchiche sulle quali si basa il Regno del Marocco. Ci sono infatti nel Paese movimenti ed altri partiti più radicali, che rifiutano questa democrazia “monarchica”, in cui il re ha di fatto tutto il potere, perché il nuovo governo che si formerà sarà molto simile a quello precedente (comunque il re avrà il potere di scegliere il primo ministro). In sostanza, qualunque sia il risultato elettorale, il vero potere risiede nelle mani del re, capo esecutivo dello stato, dirigente militare e leader religioso. Questi movimenti ed organizzazioni, pur non essendo riconosciuti, e dunque non legali, ricevono comunque il sostegno di larga parte della popolazione e si auto-definiscono moderati, pur essendo radicali dal punto di vista politico (e non religioso). Nadia Yassine, figlia dello sceicco Abdessalam Yassin e leader di Al Adl Wal Ihsane, uno dei movimenti popolari marocchini più importanti e che riesce a trascinare centinaia di migliaia di persone, definisce il suo movimento radicale nel senso politico, chiedendo che la monarchia si metta da parte nel gioco politico. E’ per questo che il suo movimento islamista viene tollerato ma non riconosciuto dalle autorità marocchine. Lo stesso blocco islamico è risultato così diviso tra coloro che hanno accettato la via parlamentare per ottenere i loro fini e coloro che rigettano la monarchia e il controllo sulla società che questa esercita.

Da un'analisi dettagliata di questi risultati, emerge però come l'affluenza al voto sia stata la più bassa nella storia della democrazia marocchina, con un'affluenza alle urne di solo il 37% degli aventi diritto. La vera sorpresa è stata infatti rappresentata da quel fronte del no che ha spinto centinaia di migliaia di persone a non andare a votare. Pur avendo il monarca più volte invitato, con appelli televisivi, la popolazione ad andare a votare, questo fronte del no, rappresentato sia da partiti, associazioni e movimenti di sinistra, come Annahj Addimocrati, sia da movimenti islamisti tollerati ma non riconosciuti dalle autorità marocchine, ha avuto così il sopravvento. L’apatia degli elettori potrebbe essere dovuta ad un atteggiamento di sfiducia nei confronti del governo, ritenuto inefficiente nel raggiungere gli obiettivi economici e sociali prefissati, sia alla carenza di valide alternative da parte dei movimenti islamici. L'astensionismo ha registrato le percentuali più elevate in particolare in quelle che il governo di Rabat chiama 'province del Sahara', che sono in realtà i territori del Sahara Occidentale che il Marocco occupa dalla metà degli anni Settanta, e tra le popolazioni berbere dei monti dell'Atlante, che boicottano da sempre la monarchia.

Ma il fattore forse più significativo da cogliere all'interno del risultato elettorale è il ruolo rivestito dalle donne marocchine. Il fattore femminile è stato infatti uno dei cavalli di battaglia di queste elezioni. Sembra che la mattina stessa del voto, ai seggi della capitale Rabat, molte erano le donne, velate e non e di ogni status sociale accorse alle urne.

Nonostante diano prova ogni giorno di essere sempre più presenti nel mondo degli affari, sulla scena economica e sociale, nel settore culturale associativo e sportivo, la loro partecipazione alla politica resta un grande paradosso che i partiti e lo Stato sono invitati ad affrontare. Troviamo la risposta nel livello di astensione registrato il giorno del voto e nell'elevata percentuale di schede bianche all'interno dei voti contati, sapendo che più della metà della popolazione marocchina è di sesso femminile. I risultati confermano così la volontà delle donne a ricoprire un ruolo non più di secondo piano nella società marocchina e di voler dare un contributo importante anche nella gestione degli affari pubblici. L'assenza di partecipazione femminile al voto, che pur rappresenta un esercizio effettivo della cittadinanza, è essa stessa pregiudiziale allo sviluppo della democrazia. La rappresentanza e l'integrazione cosciente delle donne nell'elites politiche nazionali sono lontane dal riflettere la proporzione demografica e la misura del loro contributo economico ed il Marocco è dunque invitato a contribuire a rinforzare la rappresentanza politica delle donne e a giocare il ruolo di “locomotiva” di uno sviluppo sensibile al “genere”.

Giovanni Marchionna (OM)

Fonti: peacereporter.net; nuke.ossin.org; radiotremondo.rai.it
Per un'analisi dettagliata dei risultati:
http://www.elections.gov.ma/index.aspx
http://www.elections-maroc.com/2007/