“Raccontare il deserto” – A Pordenone dal 2 al 6 luglio

L'Osservatorio Mediterraneo sarà presente al 2° Festival organizzato dall'Associazione "Via Montereale" di Pordenone, dal titolo "Raccontare il Deserto", in cui si parlerà di storia e di cultura dell'Africa dei Tuareg e di altri popoli del Sahara. Tra i vari interventi, è previsto anche quello di Alessandro Massacesi, membro del Consiglio direttivo della nostra Onlus, esperto africanista e profondo conoscitore della cultura Tuareg, che presenterà il suo nuovo libro "Tra cielo e sabbia: storia e cultura del popolo Tuareg".

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Cosa accade nel Sahara

Il Sahara rappresenta l'ultima frontiera della guerra globale al terrorismo, ma cosa si nasconde dietro la presenza degli integralisti islamici? Quali interessi globali sono affiorati nel Sahel?

Articolo di Alessandro Massacesi

Negli ultimi tempi continuano gli scontri armati nella distesa immensa di Sahara compresa tra le frontiere di Niger, Algeria e Mali. I militari statunitensi coadiuvati dai soldati degli eserciti regolari di Algeri e Bamako insistono sulla ricerca dei gruppi armati salafiti del Gruppo Salafita per il Proselitismo ed il Combattimento (GSPC).
Nei Think thank americani si pensa di annientare i covi di terroristi salafiti, che lottano contro i regimi alla guida dei Paesi del Maghreb, attraverso la Pan Sahel Initiative, la quale sullo stampo dell'iniziativa armata in Afghanistan e in Iraq consentirebbe il ripristino dell'ordine.
In realtà il Sahara sembra diventato più un luogo di addestramento dei soldati americani e guardie private (contractor) che poi giungono in Iraq o Afghanistan, che un luogo di scontro frontale contro il terrorismo salafita.
Infatti sia l'impegno economico che militare è così ridotto per affrontare a vasto raggio i terroristi salafiti, che resta impossibile, qualora sia auspicabile e realistico, realizzare la sfida lanciata da Washington con così poche risorse in un'area immensa come il Sahara.

E' invece assolutamente vero che l'interesse nei confronti delle risorse nascoste nei Paesi centro-sahariani (Petrolio, Fosfati e Uranio) fa gola a tutte le potenze, in un momento di debolezza e calo dell'influenza francese sui regimi dell'Africa Occidentale.
Il principale concorrente dei Paesi occidentali nell'area, ormai noto a tutti, è la Cina, che dal Sudan al Chad fino al Niger, sta spingendo la Francia, gli USA e la GB ad agire più spudoratamente nei confronti delle ribellioni locali e nei confronti del finanziamento aperto ed occulto ai regimi africani del Mali, dell'Algeria e del Niger.
Se infatti le iniziative di sostegno economico a questi Governi non tengono conto dell'alta corruzione e dell'assenza di democrazia, le azioni militari statunitensi, sullo "stile" dell'Afghanistan e dell'Iraq, appaiono agli occhi degli analisti una scelta dovuta per combattere il tentativo dei terroristi salafiti di integrarsi in un'area così vasta come il Sahara.
Ma è proprio così? Se fosse come affermano al Dipartimento di Stato americano, perchè poco tempo fa l'Algeria ha scelto la strada dell'indulto per molti terroristi salafiti che avevano partecipato alla strategia del Terrore islamico in quel Paese? Cosa si nasconde dietro l'attività dei Terroristi del GSPC che invece di reinsediarsi nell'area a nord del Paese hanno scelto di inserirsi nel territorio dell'Hoggar, nel sud dell'Algeria, per poi giungere fino all'area dell'Adrar (Mali), fino all''Azawak (Niger) per giungere addirittura ai piedi del Djado e del Tibesti?

Da una parte i Salafiti e i ribelli Tuareg (che nulla hanno a che fare con i salafiti), dall'altra i militari degli eserciti regolari di Algeria, Niger e Mali, alleati delle forze statunitensi (Pan Sahel Initiative), per alcuni versi sembrano ricordare la stessa strategia della "lotta del bene contro il male", voluta dall'amministrazione Bush in Iraq e Afghanistan, come i tentativi tesi a limitare la potenza regionale dell'Iran.

Ma dietro si nascondono gli stessi interessi:
A)Controllo strategico di un terriotrio regionale (Africa Occidentale) utilizzato per limitare la potenza in ascesa (Cina);
B)Controllo delle nuove risorse petrolifere sul pianeta( Hoggar, Azawak e Tenerè) e dei giacimenti più importanti di uranio (Air) per la produzione di armi ed energia nucleare.

Il problema è che a farne le spese per tutti questi interessi sono esclusivamente i popoli che abitano il Sahara da millenni.

I Tuareg, infatti devono sopportare una marginalizzazione socio-economica voluta dai Governi nazionali, con i quali sono in lotta dall'indipendenza e lo sfruttamento di risorse nel loro territorio che non ha per loro alcun riscontro positivo.
Anzi è noto come le poche ONG presenti nell'Air (massiccio montuoso a nord del Niger) denuncino lo Stato di degrado ed abbandono a cui le popolazioni Tuareg sono sottoposte a causa della volontà e della corruzione del potere politico centrale e dello sfruttamento delle miniere di Uranio di Arlit, concesse dal Governo alle multinazionali francesi e cinesi, che stanno provocando un vero e proprio disastro ambientale.

Se la ribellione Tuareg (in special mod dell'MNJ in Niger) propone un'alternativa valida allo sfruttamento delle miniere di uranio e alla massiccia ricerca del petrolio nel deserto del Tenerè, a vantaggio dello sviluppo delle popolazioni locali (nomadi Tuareg ma anche Peul, Bororo, Kanouri e Teda che abitano il nord del Paese), la quale alternativa è stata definita e proposta al Governo per aprire una trattativa di pace, il Governo nigerino non ha ancora voluto ammettere che esiste nel nord del Paese una questione posta dalla ribellione Tuareg, che lungi dal fermarsi sta opponendosi militarmente contro la presenza dell'esercito governativo nell'area a nord di Agadez.

Il Governo del Niger ha addirittura definito i ribelli, dei semplici banditi. Questa definizione, nel Sahel del duemila, pare diventare uno strumento di propaganda comune a tutti i Governi che si sentono attratti dall'azione economico-militare americana che ha interesse ad affermarsi nell'area, come veicolo di attrazione e coalizione contro il terrorismo salafita e che pongono questo allo stesso rango del banditismo Tuareg, nascondendo invece il vero interesse strategico per le risorse naturali nascoste nel deserto.
Ed è proprio il riproporsi di questi interessi che favorisce nel Sahel l'affermarsi di regimi autoritari e corrotti.
Così le secolari ribellioni dei nomadi del deserto e delle popolazioni stanziali del Sahel, provocate da un malessere oggettivo, diventano un modo per gestire gli affari interni dei Regimi africani e gli interessi internazionali delle Potenze.
Là dove conviene opporre un'azione di separatismo etnico-religioso (come nel caso del Darfur dal Sudan, del Kosovo dalla Serbia) ci si comporta opportunisticamente, là dove invece l'unitarietà garantisce l'approvvigionamento delle risorse ci si comporta come in Mali, Aleria o Niger e la ribellione Tuareg viene considerata alla stregua dell'integralismo salafita o del banditismo a cui i "Tuareg sono dediti da millenni", come stabiliscono i think thank anglosassoni.

Alessandro Massacesi

(L'OM sta preparando un dossier che cercherà di chiarire questo terzo teatro di scontro della guerra globale al terrorismo che purtroppo sta passando inosservato, forse anche volutamente rispetto agli altri teatri di guerra provocati dall'amministrazione Bush).

 

Elezioni in Marocco: vince l’astensionismo

Contrariamente alle aspettative della vigilia che davano per grande favorito il PJD, il Partito Islamista per la Giustizia e lo Sviluppo, i risultati delle elezioni tenutesi sabato indicano che la vittoria è andata a Istiqlal, il partito nazionalista conservatore della coalizione di governo, che ha ottenuto 52 seggi contro i 47 degli islamici, mentre c’è stato un crollo dei socialisti che nelle scorse elezioni erano il primo partito. Nella settimana in cui il gruppo jihad “Islamist Maghreb” ha cercato di uccidere il Presidente algerino Abdelaziz Bouteflika e ha assassinato circa 60 guardie costiere in uno dei peggiori bombardamenti della storia algerina, molti osservatori avevano espresso preoccupazione pensando che la settimana si sarebbe potuta concludere con la vittoria elettorale del PGS. Gli islamici del PJD, che avevano concentrato la campagna elettorale sulla presa di distanze dall'estremismo islamico e la richiesta di riforme costituzionali per limitare la concentrazione del potere nelle mani del re Mohammed IV, hanno accusato il governo di pratiche illegali come l'acquisto di voti. Tuttavia, il risultato elettorale ha ricevuto giudizi positivi di regolarità da parte degli osservatori internazionali.

Sulla regolarità di queste elezioni bisogna comunque tener presente quanto accaduto circa un mese prima del loro svolgersi. E’ da segnalare infatti il sequestro da parte del governo marocchino di due noti settimanali (“TelQuel” – il settimanale francofono considerato la punta di diamante del progressismo locale – e “Nichane”, testata umoristica della stessa casa editrice), accusati di oltraggio alla monarchia e alla religione di Stato, facendo rilanciare l’allarme sulla situazione della libertà di stampa nel Paese maghrebino. Il direttore editoriale dei due periodici, Ahmed Reda Benchemsi , poneva in dubbio il valore democratico delle elezioni di settembre, sostenendo come esse avessero un peso relativo in un Paese nel quale il re mantiene una quota di potere che non è soggetta a controllo alcuno, poiché nomina i principali ministri a suo pacimento e non è soggetto ad alcuna censura o controllo da parte del Parlamento. Seppure il Marocco sia considerato un Paese molto liberale a paragone di altre nazioni arabe o musulmane, alcuni argomenti – come la monarchia, la religione e la questione del Sahara Occidentale – continuano a essere tabù per giornalisti e opinionisti.

Il Pjd stesso, pur essendo un partito di ispirazione islamica, per poter essere riconosciuto nella politica ha dovuto accettare le istituzioni monarchiche sulle quali si basa il Regno del Marocco. Ci sono infatti nel Paese movimenti ed altri partiti più radicali, che rifiutano questa democrazia “monarchica”, in cui il re ha di fatto tutto il potere, perché il nuovo governo che si formerà sarà molto simile a quello precedente (comunque il re avrà il potere di scegliere il primo ministro). In sostanza, qualunque sia il risultato elettorale, il vero potere risiede nelle mani del re, capo esecutivo dello stato, dirigente militare e leader religioso. Questi movimenti ed organizzazioni, pur non essendo riconosciuti, e dunque non legali, ricevono comunque il sostegno di larga parte della popolazione e si auto-definiscono moderati, pur essendo radicali dal punto di vista politico (e non religioso). Nadia Yassine, figlia dello sceicco Abdessalam Yassin e leader di Al Adl Wal Ihsane, uno dei movimenti popolari marocchini più importanti e che riesce a trascinare centinaia di migliaia di persone, definisce il suo movimento radicale nel senso politico, chiedendo che la monarchia si metta da parte nel gioco politico. E’ per questo che il suo movimento islamista viene tollerato ma non riconosciuto dalle autorità marocchine. Lo stesso blocco islamico è risultato così diviso tra coloro che hanno accettato la via parlamentare per ottenere i loro fini e coloro che rigettano la monarchia e il controllo sulla società che questa esercita.

Da un'analisi dettagliata di questi risultati, emerge però come l'affluenza al voto sia stata la più bassa nella storia della democrazia marocchina, con un'affluenza alle urne di solo il 37% degli aventi diritto. La vera sorpresa è stata infatti rappresentata da quel fronte del no che ha spinto centinaia di migliaia di persone a non andare a votare. Pur avendo il monarca più volte invitato, con appelli televisivi, la popolazione ad andare a votare, questo fronte del no, rappresentato sia da partiti, associazioni e movimenti di sinistra, come Annahj Addimocrati, sia da movimenti islamisti tollerati ma non riconosciuti dalle autorità marocchine, ha avuto così il sopravvento. L’apatia degli elettori potrebbe essere dovuta ad un atteggiamento di sfiducia nei confronti del governo, ritenuto inefficiente nel raggiungere gli obiettivi economici e sociali prefissati, sia alla carenza di valide alternative da parte dei movimenti islamici. L'astensionismo ha registrato le percentuali più elevate in particolare in quelle che il governo di Rabat chiama 'province del Sahara', che sono in realtà i territori del Sahara Occidentale che il Marocco occupa dalla metà degli anni Settanta, e tra le popolazioni berbere dei monti dell'Atlante, che boicottano da sempre la monarchia.

Ma il fattore forse più significativo da cogliere all'interno del risultato elettorale è il ruolo rivestito dalle donne marocchine. Il fattore femminile è stato infatti uno dei cavalli di battaglia di queste elezioni. Sembra che la mattina stessa del voto, ai seggi della capitale Rabat, molte erano le donne, velate e non e di ogni status sociale accorse alle urne.

Nonostante diano prova ogni giorno di essere sempre più presenti nel mondo degli affari, sulla scena economica e sociale, nel settore culturale associativo e sportivo, la loro partecipazione alla politica resta un grande paradosso che i partiti e lo Stato sono invitati ad affrontare. Troviamo la risposta nel livello di astensione registrato il giorno del voto e nell'elevata percentuale di schede bianche all'interno dei voti contati, sapendo che più della metà della popolazione marocchina è di sesso femminile. I risultati confermano così la volontà delle donne a ricoprire un ruolo non più di secondo piano nella società marocchina e di voler dare un contributo importante anche nella gestione degli affari pubblici. L'assenza di partecipazione femminile al voto, che pur rappresenta un esercizio effettivo della cittadinanza, è essa stessa pregiudiziale allo sviluppo della democrazia. La rappresentanza e l'integrazione cosciente delle donne nell'elites politiche nazionali sono lontane dal riflettere la proporzione demografica e la misura del loro contributo economico ed il Marocco è dunque invitato a contribuire a rinforzare la rappresentanza politica delle donne e a giocare il ruolo di “locomotiva” di uno sviluppo sensibile al “genere”.

Giovanni Marchionna (OM)

Fonti: peacereporter.net; nuke.ossin.org; radiotremondo.rai.it
Per un'analisi dettagliata dei risultati:
http://www.elections.gov.ma/index.aspx
http://www.elections-maroc.com/2007/